Mutui, guida all’aumento dell’imposta

Con la legge 191/2004, che ha convertito il decreto legge 168/2004, è stata aumentata dallo 0,25 al 2% l’imposta (la cosiddetta imposta sostitutiva, perché prelevata in luogo di ogni altro tributo) che occorre pagare quando si stipula un mutuo:

l’aumento riguarda tuttavia solo i mutui stipulati per finanziare l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di edifici abitativi che non siano considerabili come prime case. In altri termini, l’imposta sostitutiva aumenta solamente nel caso del mutuo che si riferisca all’acquisto, alla costruzione o alla ristrutturazione di una abitazione il cui proprietario non si trovi nelle condizioni al cui ricorrere si applica il trattamento fiscale previsto per l’acquisto della prima casa.

Tali condizioni consistono:

  1. nella non possidenza (il rapporto giuridico derivante dal possesso di un bene, ndr) da parte dell’acquirente di altre case nello stesso Comune; 
  2. nella non possidenza da parte del medesimo soggetto di altre case acquisite con agevolazioni nell’intero territorio nazionale;
  3. nella residenza dell’acquirente stesso nel Comune ove è ubicata la casa acquistata (oppure dallo svolgimento in quel Comune della sua attività lavorativa). Non subisce pertanto l’aumento dell’imposta sostitutiva il mutuo finalizzato all’acquisto della prima casa, anche se sia concessa in ipoteca (dal mutuatario o da un terzo datore d’ipoteca) un’altra abitazione.

Sono pure estranei all’aumento:

  1. i finanziamenti (abbiano o meno attinenza con iniziative immobiliari, abitative o non) contratti nell’esercizio di un’attività di impresa o di un’attività professionale;
  2. i mutui (anche se garantiti da ipoteca su un’abitazione, che non sia la prima casa del mutuatario) che non siano chiaramente finalizzati ad acquistare, costruire o ristrutturare la seconda casa. Bisogna poi fare attenzione a non fare confusione tra i mutui per i quali non si applica l’aumento dell’imposta sostitutiva e i cosiddetti mutui prima casa. Con questa espressione “atecnica”, si allude in effetti al contratto di mutuo stipulato per finanziare l’ acquisto dell’abitazione principale e cioè l’abitazione (articolo 15, comma 1, lettera b del Testo unico delle imposte sui redditi). In tal caso gli interessi passivi che il mutuo produce (ma non oltre la soglia di euro 3.615,20) sono detraibili dall’Irpef lorda del mutuatario nella misura del 19%.

Pertanto prima casa (concetto valevole al fine di fruire di imposte d’acquisto agevolate) e abitazione principale (concetto valevole al fine della detraibilità degli interessi passivi del mutuo) sono insiemi che non coincidono. Ma, se di regola accade che, quando si effettua un acquisto di casa con le agevolazioni prima casa, gli interessi del mutuo che si contrae per finanziare l’acquisto siano detraibili (trattandosi non solo della prima casa, ma anche della “abitazione principale”), si può anche verificare che:

  1. non si tratta della prima casa (ai fini delle imposte d’acquisto), perché l’acquirente possiede già altre case, ma pur sempre si tratta della abitazione principale (ai fini della detraibilità degli interessi passivi), in quanto egli vi stabilisce la sua dimora abituale;
  2. si tratta della prima casa (ai fini delle imposte d’acquisto) ma non della abitazione principale (ai fini della detraibilità degli interessi passivi) perché l’acquirente risieda ad esempio nello stesso Comune ma in un’altra abitazione (ad esempio in locazione, in comodato, eccetera) oppure risieda in un altro Comune ma svolga la sua attività lavorativa nel Comune ove è ubicata la casa acquistata con le agevolazioni.

L’ESCAMOTAGE

SE IL PRESTITO VA TUTTO IN BOT

Anche se è vero che i mutui non finalizzati ad acquistare, costruire o ristrutturare la seconda casa restano estranei all’aumento dell’imposta sostitutiva, vi è da notare che il contratto di mutuo difficilmente reca previsioni in ordine alla sua finalizzazione e che non è sempre facile dimostrare che una data erogazione è servita per finanziare una certa operazione. Si pensi al caso dell’impiego del ricavo di un mutuo in un investimento in titoli di Stato, che man mano vengano disinvestiti per pagare le fatture dell’impresa che ristruttura la seconda casa del mutuatario. Se anche quest’ultima sia data in ipoteca, si ha un’erogazione di un mutuo finalizzato in prima battuta a finanziare appunto l’acquisto di strumenti finanziari e solo in via posteriore destinato a pagare i lavori di recupero della seconda casa e l’applicazione a questo finanziamento dell’aliquota superiore appare in questo caso difficile.

IN SINTESI

LE TASSE SUI PRESTITI BANCARI

L’imposta sostitutiva corre su un doppio binario. I finanziamenti bancari a medio-lungo termine scontano infatti a titolo di imposta sostitutiva:

  • aliquota del 2% ove siano contratti per finanziare iniziative del mutuatario per l’acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di edifici abitativi il cui proprietario non sia nelle condizioni prescritte dalla legge per avvalersi delle agevolazioni prima casa;
  • l’aliquota dello 0,25% in ogni altro caso.

*c Sono quindi estranei all’aumento dell’imposta sostitutiva e rimangono tassati con l’aliquota dello 0,25%: 

  •  i finanziamenti per l’esercizio di un’attività di impresa o professionale; 
  •  i mutui (anche se garantiti da ipoteca su un’abitazione, che non sia la prima casa del mutuatario) che non siano finalizzati ad acquistare, costruire o ristrutturare la seconda casa.

Nonostante l’aumento dell’imposta sostitutiva, continua a crescere il valore dei mutui. Secondo le rilevazioni della Banca d’Italia, ad agosto l’ammontare complessivo dei mutui stipulati per cinque anni per l’acquisto di una casa sono saliti a 168,4 miliardi di euro dai 167,4 del mese precedente. Dall’inizio dell’anno – quando il totale era pari a 150,8 miliardi – si registra un aumento dell’11,6% mentre rispetto a un anno fa (nell’agosto 2003 l’ammontare era di 140,5 miliardi) l’incremento è stato del 19,7 per cento.

Informazioni: 081.554.53.65

Area Credito Casartigiani

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